Il Rebirthing ai tempi del Covid

“Non sono mai turbato per la ragione che penso io” Lezione 5, “Un Corso in Miracoli”

 

INTRODUZIONE
Al momento di scegliere il titolo per la tesina con la quale si conclude il percorso della scuola triennale di Rebirthing, il titolo che avevo scelto era un altro.
E’ stato il dilatarsi dei tempi imposto da circostanze che prima non si erano mai verificate che mi ha suggerito di sviluppare, seppur in modo succinto, questo tema, partendo ovviamente da quelli che sono stati la mia esperienza e il mio sentire in questo percorso.
In questo mio breve elaborato cercherò di tenere insieme una visione generale del Rebirthing per come l’ho conosciuto in questi anni, unito a come questa pratica ha cambiato la mia vita sotto ogni profilo. Cercherò di indagare se la potenza trasformatrice di questo percorso è stata in qualche modo influenzata, dagli accadimenti che sono occorsi intorno a noi negli ultimi anni, oppure se, come credo, questo percorso abbia permesso di affrontare e di attraversare gli accadimenti esterni, anche nei loro aspetti più imprevedibili e più duri…

 

UNO

Pur pensando che una tesina di fine percorso formativo dovrebbe contenere alcuni brevi cenni storici relativi al Rebirthing, a come e quando è nato a come e quando è stato in qualche modo strutturato, alla tecnica necessaria per respirare in modo consapevole e circolare, alle diverse modalità (a secco, in acqua fredda, in acqua calda) che possono essere utilizzate, mi asterrò in questo breve lavoro dallo scrivere questo tipo di informazioni dandole per scontate

Considero comunque questo, un lavoro in itinere e quindi in una fase successiva la tesina potrebbe essere arricchita anche da queste informazioni.

Nel corso di questi anni mi è accaduto di parlare della pratica del Rebirthing e della scuola con molte persone. A differenza di altri percorsi ho incontrato sovente una certa diffidenza,
Cercando di capirne le ragioni, ho compreso come da una parte ci sia una narrazione riguardante il Rebirthing che intimorisce chi ne sente parlare per la prima volta e non l’ha mai praticato, dall’altra c’è anche l’ansia più o meno cosciente, che coglie ogni adulto quando sente parlare della propria nascita, spesso del proprio trauma di nascita, e della responsabilità che gli è richiesta per guardarlo, attraversarlo, superarlo
Personalmente mi ritengo molto fortunata di aver avuto la possibilità di incontrare subito un tipo di approccio che non cerca né fa l’occhialino alla teatralizzazione e mette al centro la responsabilità individuale

Quando parliamo di Rebirthing il pensiero va immediatamente al respiro Respirare è una cosa naturale, lo facciamo da quando siamo nati senza neppure accorgercene, senza avere l’attenzione necessaria al fatto che ogni respiro è unico ed è uno dell’insieme dei respiri di cui è fatta la nostra vita; di conseguenza a ogni respiro che faccio il numero dei miei respiri complessivi si riduce progressivamente verso l’ultimo che farò.
Come è prezioso allora!
Vedere il respiro in questa prospettiva per me è molto importante, trasmette l’importanza del tempo che stiamo vivendo e allo stesso tempo lo alleggerisce e lo libera; il respiro circolare, consapevole, senza pause, ha una caratteristica speciale: è difficile dimenticare che si sta respirando; la consapevolezza che da quel respiro e dalla forza di quel respiro io posso andare a contattare memorie anche lontanissime e sciogliere traumi, è molto forte.
La fisicità ispira un altro aspetto che può determinare la diffidenza nei confronti del Rebirthing, tutto il corpo fisico è impegnato in un processo che influenza gli altri corpi e richiede un impegno in prima persona. Già da qui si capisce come la propria responsabilità individuale non possa essere esclusa

Non è questa la sede per raccontare la storia del percorso che ha portato Patrice Ellequain a essere uno tra i più accreditati e autorevoli Rebirther e insegnanti di Rebirthing al mondo, basta fare una piccola ricerca sul web e si troverà facilmente ciò che interessa, al netto del fatto che egli non è stato, almeno fino a ora, un frequentatore di social e quindi ciò che si trova è molto meno di quello che potrebbe in realtà essere

La pratica del Rebirthing nella visione di Patrice, pur essendo ancorata ai principi costitutivi di Leonard Orr non potrebbe esistere senza la sua visione spirituale del mondo e senza la profonda connessione con Un Corso in Miracoli; è questa visione che per me fa la differenza.

 

DUE
La mia esperienza

La prima volta che ho respirato, ero ancora in una relazione di psicoterapia, ripresa dopo molti anni a causa di una disavventura lavorativa che mi aveva molto ferito.
La psicanalisi mi ha accompagnata per larga parte della vita fino alla scoperta che c’erano altre esperienze di crescita personale straordinarie ed efficaci, soprattutto capaci di mettere in contatto con la parte più profonda di sé stessi, al là dell’inconscio. Respirare in modo consapevole, in questo senso, è stata una scoperta strabiliante, rispetto all’analisi era come andare a 10.000 km all’ora! Con Patrice feci qualche seminario aperto; non avevo mai pensato di iscrivermi alla scuola, non pensando che il Rebirthing potesse fare parte della mia vita futura in modo più incisivo che da semplice felice respirante.

Avevo appena terminato il corso di Biocostellazioni, che aveva segnato uno spartiacque tra i percorsi precedenti e quelli che sarebbero venuti dopo, sentivo forte una spinta ad andare avanti ma intorno a me non avevo individuato una direzione precisa. È stato Patrice a propormelo e le resistenze sono state molte e sono durate a lungo

È stata proprio la resistenza a farmi resistere, quasi sempre una resistenza indica che c’è qualcosa da vedere, e, citando la Lezione 27, più di ogni altra cosa io volevo vedere.
La scuola è iniziata in una condizione di normalità; come ne scrivemmo allora nel 1° trattato di pace, ognuno arrivava col suo bagaglio di esperienze pregresse, sia nei percorsi di crescita personale sia in quelli di crescita spirituale, sia semplicemente nella sua esperienza di vita. È interessante notare, e sarebbe interessante guardarlo più da vicino, come da quel primo incontro molti dei partecipanti siano cambiati, alcuni se ne sono andati subito, altri dopo un percorso anche lungo, altri ancora sono andati e sono poi ritornati, Sono convinta, poiché nulla accade a caso, che anche questa fine del percorso formativo porti con sé un significato, come se tutti noi che siamo arrivati fin qui ci fossimo in qualche modo auto selezionati e, senza alcun giudizio, senza alcun orgoglio, con semplicità osserviamo e ascoltiamo i nostri compagni di viaggio condividendo la consapevolezza che tra di noi si è creato un legame profondo al quale potremo sempre ritornare.

A volte ho pensato al primo anno di scuola come a un anno di preparazione a ciò che sarebbe accaduto, un’opportunità che ci è stata data per arrivare più attrezzati, razionalmente, emotivamente, spiritualmente, a ciò che avremmo dovuto maneggiare.

Quando la notizia del covid e di tutte le restrizioni che ha portato con sé è deflagrata, avevamo appena iniziato il 2° anno, eravamo reduci da un bellissimo seminario che si era svolto tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo del 2020 a Roma, “Scenario di Nascita II” e ci stavamo apprestando a fare qualcosa di speciale, andare a fare un seminario con la respirazione in acqua a Todi, in una spa che dalla descrizione doveva essere un posto molto bello, facendo prima una tappa ad Assisi per meditare nella chiesetta di San Francesco, una prospettiva bellissima alla quale credo tutti o quasi tutti avevamo aderito.

Eravamo carichi e motivati, parlo al plurale, perché ho un ricordo di forte condivisione tra noi. Già sapevamo come l’impermanenza di tutte le cose è tale che nulla è certo; tuttavia godevamo della’aspettativa di queste tre giornate di respirazione in acqua.
Il covid si è abbattuto sulle nostre vite in modo inaspettato, se fossimo stati più svegli avremmo visto i segnali premonitori; all’inizio non abbiamo capito subito, per una settimana o due è rimasta quell’indecisione ma anche una sorta di gioia inaspettata di vedersi giustificati nel fare quello che fino a quel momento sarebbe stato considerato riprovevole: non andare a lavorare puntuali o non andarci affatto, tessere le relazioni per telefono o sulle piattaforme digitali che si incominciavano a conoscere e avere tanto tempo giustificato a disposizione per farlo; fare esattamente il contrario di quello che soleva essere il dovere di ogni buon cittadino, ciò che fino a quel momento era stato considerato valorialmente importante.

Alcuni si sono accorti presto che era una trappola, e questo numero è venuto via via crescendo mano a mano che si misuravano le contraddizioni e si incontravano le persone, gli amici, i vicini di casa, pesantemente colpiti da quello che stava accadendo.

Il seminario a Todi, ovviamente, saltò e saltarono anche quelli successivi; dopo qualche settimana la scuola, e Patrice che la conduceva, ebbero la buona idea di provare, pur con le difficoltà che ancora molti avevano di comunicare attraverso piattaforme digitali, di riunirci in riunioni virtuali per dirci come stavamo, come stavamo attraversando quella prima fase, a che punto ci sentivamo dentro di noi. E lì cominciammo a vedere che non per tutti era uguale, lì cominciammo a vedere come, nelle nostre diversità, il rischio fosse il coltivare la separazione dentro e fuori di noi.

Oggi, dopo tutto questo tempo, credo che la vera sfida sia stata quella di imparare a vivere nell’incertezza. Se ci pensiamo bene l’incertezza caratterizza tutta la nostra vita fin dal momento in cui emettiamo il primo respiro. Siamo esseri mortali, nel momento in cui nasciamo la morte del nostro corpo è già scritta e certa, l’elemento di incertezza però ci accompagna sempre perché non sappiamo quando questa cessazione avverrà. Solitamente tendiamo a non pensarci, ad allontanare questo pensiero da noi.

Questo periodo ha insegnato come l’incertezza domina le nostre vite e come l’idea, la sensazione della separazione è sempre la causa della nostra infelicità. Intellettualmente lo sapevo o credevo di saperlo e sconsideratamente pensavo che sarebbe stato facile evitare questo ostacolo; da qui è nata e si è consolidata nelle settimane successive una sorta di arroganza, l’arroganza di presumere di aver capito come funzionava quella che ho sempre pensato fosse una grande e ben orchestrata manipolazione di massa, senza dapprima rendermi conto che provavo a imporre agli altri la mia visione, dando per scontato che non ce ne potessero essere altre. Almeno tra le persone che amavo, almeno tra quelle che mi erano vicine.

 

TRE
La respirazione come risorsa per attraversare il trauma.
Il respiro mi ha aiutato a centrarmi e a connettermi, in definitiva a non perdere di vista la nostra profonda unità con la Fonte, a sentirmi comunque al sicuro.

Quel primo anno è stato abbastanza facile, vivevamo situazioni diverse, condizioni diverse, relazioni diverse, sintonie diverse, avevamo lavori diversi, colleghi di lavoro diversi , famiglie diverse. Personalmente mi sono sempre sentita fortunata, ma non nel senso convenzionale del termine, cioè quella fortuna che è il privilegio di poter vivere le situazioni, tutte, anche quelle più difficili con la centratura del cuore; mi sentivo fortunata, ora lo so, in modo arrogante, quello che presume di sapere, di avere capito tutto, di poter impartire lezioni al sicuro delle proprie certezze.

Quando è arrivata l’estate abbiamo stupidamente creduto che tutto fosse finito, ci siamo rilassati, abbiamo ripreso a frequentare la scuola, abbiamo anche fatto quel famoso seminario di respirazione in acqua questa volta però a Ischia e non più a Todi.

Pur avendo la sensazione di essere già minata nella vita personale da quel senso di diversità che progressivamente tendeva a non fare riconoscere gli uni con gli altri, noi che frequentavamo la scuola, nonostante le nostre differenze, abbiamo avuto il Rebirthing che ci ha tenuto uniti, non solo un modo di respirare, un modo con cui guardare il mondo.

Il Rebirthing ci ha aiutato, mi ha aiutato nei momenti difficili che sono seguiti Benché il calendario dei seminari, fosse slittato a data da definirsi, ogni tanto ci siamo incontrati online, la lettura della Lezione del Giorno del Corso in Miracoli registrata e postata tutti i giorni nella chat di gruppo da una di noi, manteneva la connessione tra tutti.

Il respiro consapevole, contrapposto alla paura che avvelenava le menti dell’umanità col pensiero di una malattia che faceva perdere il respiro, una paura tale che era stato facile convincere i più a mettersi una maschera in faccia e a respirare sempre meno, è stato un potente antidoto

Ho continuato a respirare, quotidianamente e consapevolmente. Nella meditazione e nel respiro circolare. Pretendere di continuare a respirare liberamente è stata come una dichiarazione di libertà, come un invito silenzioso a non avere paura.

Alla fine dell’anno, è ripartita tutta la rumba, il lockdown e le restrizioni di varia natura, sofferenze, insofferenze, disagio. Più forte si è percepito anche all’interno della società un clima di separazione, di persone contro altre persone. Avevo la convinzione che quello che stavamo vivendo fosse stato programmato proprio per condurci lì; tuttavia, anche per coloro che credevano di avere una visione salda rispetto alla loro fede, la tentazione di prendere parte a questa rappresentazione talvolta è stata forte. Dico questo intendendo che tutti gli attori sulla scena, quelli che si sentono da una parte e quelli che si sentono dall’altra, ognuno convinto di essere dalla parte giusta, interpretano lo stesso ruolo. Vale a dire che fomentano quei sentimenti di rabbia e di rancore e, magari nascosti sotto la cenere delle pratiche quotidiane, contribuiscono complessivamente a creare quel clima da “noi e loro” così nefasto per tutti

Nella mia esperienza, il clima di separazione ha incominciato a incunearsi nei rapporti familiari, in quelli amicali, era come se la visione differente del mondo potesse mettere in discussione rapporti che si credevano consolidati e a prova di qualsiasi scossone.

Intellettualmente comprendevo che sarei stata in grado di sopportare qualunque cosa fosse accaduta, che non era per caso che ci stavano capitando quegli accadimenti, emotivamente era tutta un’altra cosa. L’annuncio di una campagna vaccinale alle porte, ha contribuito a rendere più profondo il solco, mi sentivo schiacciata in una posizione in cui non volevo essere, arrabbiata per non essere capita, preoccupata per coloro a cui volevo bene che mi sembrava non volessero sentire niente’altro che il loro convincimento, frustrata per non essere capace di stare al mio posto come avrei dovuto, cercando invece di convincere coloro che pensavo non avessero ragione.

È stato nel mese di gennaio del 2021, che mi è venuto in mente di raccogliere il testimone che Deborah aveva lasciato a conclusione dell’anno precedente. Così ho incominciato a leggere e a registrare quotidianamente la lezione del giorno del Corso in Miracoli e a condividerla nella chat della scuola. All’inizio è stata una strategia per disciplinare la mia costanza nel seguire gli esercizi, per fissarla e memorizzarla come routine. Pian piano si è trasformata in un appuntamento che proprio in quella fase di impossibilità di vederci e di considerarci una classe vera e propria, ci ha tenuti uniti attraverso quell’appuntamento quotidiano. In me quella pratica ha prodotto dei cambiamenti.

Cambiamenti profondi, che non sempre si sono trasferiti nella quotidianità, ma che hanno contribuito ad aumentare e a consolidare la consapevolezza di non essere da sola. (Cit. Lezione 41 UCIM – “Dio viene con me ovunque io vada”.

Quella consapevolezza che ti porta alla tua piena responsabilità in ogni cosa che fai e che ti accade, si è radicata ed è stata di grande supporto in quella fase e anche in quelle che sono seguite.

Un Corso in Miracoli e Rebirthing sono stati il filo conduttore di tutto quel periodo in cui le sirene della separazione hanno suonato fortissimo

 

QUATTRO 2021

In primavera mi sono ammalata, è stata un’esperienza piuttosto pesante dal punto di vista fisico, nonostante le cure tempestive.
Non ho mai avuto paura della malattia in sé, quanto piuttosto delle conseguenze che mi sarebbero potute capitare in caso di ricovero ospedaliero. Per questo motivo non è mai stata diagnosticata formalmente e questo mio comportamento ha determinato ulteriori incomprensioni con le persone che mi circondavano e che non erano in grado di capire le mie decisioni.

Guardando a ritroso, vedo con chiarezza che la paura ha una nota sola, canta con un’unica nota che è opposta a quella dell’amore, della fiducia.

È stato solo dopo lunghi mesi che mi sono resa conto, ma non è proprio un capire è piuttosto un sentire, che non c’è differenza tra paure di varia natura, anche quando sembrano opposte tra di loro; tra chi teme di ammalarsi e di morire e fa tutto ciò che crede sia utile per contrastarla e chi invece come me teme la perdita della libertà e più di ogni altra cosa agisce per difenderla, il seme è lo stesso, il seme della paura, l’opposto di quella fiducia che tutto è perfetto così

Perfetto non vuole dire piacevole, perfetto significa adeguato a quanto deve capitare alla nostra anima per poter evolvere; guardato con questo angolo visuale nulla fa più paura ma anche questo tipo di visione non è facile da ottenere auto- convincendosi con la ragione.

Arriva però un momento in cui diventa chiarissimo, si sente che è così, si sente dentro di sé che qualunque cosa accadrà sarà quello che ci serve e che per quanto dolorosa e insopportabile possa essere o sembrarci quell’esperienza, saremo in grado di attraversarla.

Arriva la consapevolezza dell’integrità, che nulla potrà accadere che tu non voglia che accada e per questo puoi stare al sicuro perché c’è una forza superiore alla quale sei connessa. Devi solo ricordartelo e avere fiducia.

 

CINQUE
Camminare sul crinale

L’impossibilità di andare avanti materialmente con i seminari, ha avuto anche un’altra conseguenza: ha aperto altre strade, ha allargato il mondo, spalancando nuove possibilità; possibilità di fare altre cose, di sfruttare quel periodo di sostanziale chiusura per sperimentarsi in altri cammini, per scoprire cose nuove, persone nuove, per potenziare la concentrazione, per essere anche al servizio. La cosa più bella che il Rebirthing ha infatti portato nella mia vita è quella di aver aperto tante porte, una disciplina così straordinaria, così ricca e profonda, su di me è stata capace di aprire anche altri percorsi, a tenerli intrecciati e connessi; il Rebirthing diventa uno spazio da percorrere, si allarga in centri concentrici che non sminuiscono la matrice ma invece la rafforzano e indicano la strada più giusta.

Il mio unico cruccio era non poter condividere con coloro che mi stavano accanto questa prospettiva, ma l’amore che sentivo per quello che facevo credevo emanasse da me e mi desse la certezza che avrei potuto fare io per tutti.
Ho dovuto ricredermi, ho dovuto abbandonare questa illusione nella quale mi ero cullata per non soffrire, per non sentirmi compresa e amata per quella che ero e non per quella che avrei dovuto essere per corrispondere alle aspettative di tutti. Per non avere la possibilità di manifestarmi così come sono.

Le opere liriche, come dice Patrice, sono struggenti e bellissime ma vanno tutte a finire male.

In questo periodo, in completo disprezzo delle circostanze e della realtà, mi sono sentita molto in sintonia con la Cio Cio San della madama Butterfly, aggrappata al suo sogno d’amore contro ogni evidenza e ogni razionalità.
Ci sono stati giorni in cui il tempo atmosferico è stato dolce e compassionevole con me, ci sono stati tempi di ricorrenze in cui la pioggia battente è stata la scusa, l’alleata per trascorrere nascosta nella quieta solitudine giorni carichi di emozioni dolorose

Aprile 2022
Entro nell’acqua piano, la trovo fredda ma il modo di entrare graduale può essere sopportato anche una come me che non tollera il freddo; incomincio a respirare ancora con solo i piedi nell’acqua e nel momento in cui respiro tutto diventa semplice, tutto diventa leggero, tutto diventa possibile. Chiedo a Dio di mostrarmi la strada, non ho alcuna aspettativa, se non quella di mettermi in ascolto e “accettare il Suo piano per me per la Salvezza “ (cit. Lezione 98 UCIM); sono in una vasca da bagno, eppure, mi ritrovo in un flusso di nuotatori subacquei senza bombole, come un branco di pesci che nuotano dentro l’azzurro liquido e sul mio lato sinistro c’è mamma con il volto giovane della ragazza che è stata. Indossa un grande sorriso felice e mi dice: “tu davvero credi che io ti abbia partorita perché la tua vita non avesse significato?“ E ride, ride felice e amorevole e dentro a quel branco di pesci, gli strani pesci che sembrano sirene, mi sento finalmente a casa e dentro di me sento con certezza che sono unita al tutto, il senso di essere lì e il senso di ognuno di noi di essere lì; sto interpretando la mia parte e per quanto mi sia sentita separata da tanti, mi arriva veloce come una freccia la consapevolezza che la separazione non esiste, neppure con chi si è allontanato volontariamente esiste, neppure con tutti coloro che in questo momento non vogliono o non possono fare parte della mia vita. Hanno giocato il loro ruolo anche perché io imparassi qualcosa che dovevo imparare e io so che per quanto dolorosa possa essere questa separazione non è qualcosa che io non potrò sopportare, anche se oggi sembra impossibile. Semplicemente perché la separazione non esiste.

 

CONCLUSIONI

Non credo si possa davvero parlare di conclusioni, questo è un percorso in itinere dove le certezze vengono sempre messe alla prova come se qualcuno ci dicesse: “sei proprio sicuro, sei proprio sicura?”
Ultimamente ne ho avuto la riprova più di una volta; ti sembra di avercela fatta, di essere venuta a patti con la realtà, di trovare la tua centratura sempre e comunque a prescindere da quanto accade intorno.

Invece basta poco, basta varcare una soglia, basta avere un pensiero che si riconnette a un altro e a un altro ancora. Il buio del dolore è lì, pronto ad accoglierti e a inondarti. Però…
Però adesso sai la strada, respiri, ti connetti e con fatica esci da quel buio e puoi pensare un’altra volta che “la Volontà di Dio per me è felicità perfetta“ (lezione 101 UCIM)

E trovi di nuovo la luce, esci dall’arroganza dell’ego che ti racconta come saresti felice se tu avessi quello che non puoi avere.
Anche arrivare a delle conclusioni quindi è un po’ arroganza, non sappiamo cosa abbia in serbo per noi la vita, E anche se siamo convinti che qualunque cosa sia pronta per noi sarà quella giusta per noi, le conclusioni le potremo tirare soltanto quando gli accadimenti si manifesteranno.

Sarà in quel momento che misureremo se la nostra Fede è sufficientemente salda da consentirci di affrontarli e attraversarli senza esserne travolti.
Credo quindi che il lavoro su di sé debba essere costante e continuativo, soprattutto se nel nostro orizzonte temporale è prevista la restituzione di quanto abbiamo ricevuto. Se vogliamo essere al servizio degli altri, dobbiamo essere quanto più puliti possiamo e questo lavoro di pulizia richiede un impegno e un lavoro su di sé rigoroso e quotidiano, richiede disciplina e umiltà.

Oggi inizia l’ultimo seminario, questa mattina mi è arrivato un messaggio da una persona che ho visto una volta soltanto, mi dice che vorrebbe fare una respirazione con me.

 

Alda Germani, Maggio 2022