Il Sapere del Cuore
” I sogni spianano la strada alla vita e ti determinano, anche se non ne comprendi il linguaggio. Si vorrebbe imparare questo linguaggio, ma chi è in grado di apprenderlo e di insegnarlo? L’erudizione da sola non è sufficiente; esiste un sapere del cuore, capace di offrire spiegazioni più profonde. Il sapere del cuore non si trova nei libri, né in bocca ai maestri, ma cresce da te, come il verde frumento dalla terra nera. L’erudizione fa parte dello spirito di questo tempo, ma questo spirito non comprende per nulla il sogno, perché l’anima si trova ovunque non si trovi il sapere erudito. Ma come posso ottenere il sapere del cuore? Puoi raggiungerlo soltanto vivendo pienamente la tua vita. Tu vivi appieno la tua vita, se vivi anche quello che non hai ancora vissuto, ma che soltanto ad altri hai lasciato da vivere o da pensare. Dirai: «Non posso vivere o pensare tutto ciò che gli altri vivono o pensano». Devi dire invece: «Dovrei vivere la vita che potrei ancora vivere e dovrei pensare tutti i pensieri che ancora potrei pensare». Si direbbe che tu voglia fuggire da te stesso, per non dover vivere ciò che finora non hai vissuto.
Ma non puoi fuggire da te stesso. Ciò che non hai vissuto resta con te in ogni istante e chiede soddisfazione. Se ti fai cieco e sordo di fronte a questa esigenza, sarai cieco e sordo verso te stesso. In tal modo non raggiungerai mai il sapere del cuore.
Il sapere del cuore è com’è il tuo cuore.
Da un cuore malevolo conoscerai la malevolenza. Da un cuore buono conoscerai la bontà. Affinché la vostra conoscenza sia compiuta, considerate che il vostro cuore è entrambe le cose, sia buono che cattivo. Chiederai: “Come? Devo vivere anche il male? “
Tratto da: C.G. Jung, Il Libro Rosso, Anima e Dio.
Maya è un termine comunemente usato nel buddismo e nello yoga per indicare l’illusione, lo stato di sogno nel quale la maggior parte delle persone oggi vive. Il mio nome mi rispecchia molto quindi perché per anni ho vissuto sotto un velo di una illusione che neanche sapevo potesse esistere, che non mi permetteva di vedere la realtà.
Ma Cos’è la realtà? O, meglio, qual è la realtà? E’ reale ciò che viviamo ogni giorno o è solo una materializzazione delle nostre forme pensiero che creano un ambiente idoneo a vivere ciò che sembrerebbe essere inizialmente solo il frutto delle nostre fantasie? Molti vivono in uno stato di sonnambulismo che li porta a pensare e ad agire da semplici macchine programmate dall’alto (Tv, scuole, chiese, genitori, amici, partner) e questo è ormai cosa risaputa e scontata.
Per fortuna già molte persone VIVONO in maniera spontanea ed hanno abbandonato la meccanicità derivante dalla programmazione ricevuta nel corso della crescita. Tante altre vanno capendo il meccanismo tortuoso nel quale sono invischiate, la ragnatela illusoria che le tiene intrappolate in un sistema di convenzioni alle quali ci si adegua in modo automatico senza nemmeno chiedersi il perché né l’utilità di tutto ciò.
Fondamentale risulta essere nel percorso di ‘riacquistare la vista’ la volontà di voler essere felici e la responsabilità.
Come possiamo pretendere che le cose vadano al meglio se non siamo disposti ad Essere felici e a condividere la nostra felicità con gli altri? Tutto parte da noi, SEMPRE. Si possono trovare mille scuse per vivere ancora nell’illusione oppure intraprendere la strada del cambiamento, dell’evoluzione. Il mondo di oggi è basato sulle scuse che abbiamo trovato ieri per lasciare tutto così com’è.
Se vogliamo che il mondo di domani sia diverso, è necessario smetterla di cercare altre scuse e iniziare, invece, a trovare una ragione per cambiare Vita, per cambiare quello che non ci fa sentire bene con noi stessi, per cambiare il mondo. Per farlo bisogna AGIRE. Le belle parole, da sole, non portano tanto lontano, al massimo possono commuovere. Ciò che cambia è un’azione, o meglio potremmo dire che ciò che ci permette di cambiare sono appunta la volontà di essere felici, la fede nel credere che Dio non vuole per noi l’infelicità e che spesso l’unico impedimento siamo proprio noi stessi.
Sulla base di quanto sopra nasce il cammino con il Rebirthing che, attraverso il respiro circolare connesso, ci porta ad avere sempre più consapevolezza, individuando le decisioni e le percezioni che si sono formati durante il periodo che chiamiamo “scenario di nascita”: concepimento, gravidanza, nascita e primi anni di vita. Le emozioni che viviamo in quei momenti e che vengono assorbite ci portano a prendere delle decisioni che si radicano a livello inconscio, condizionando successivamente la vita e le relazioni, decisioni e pensieri che molto probabilmente non ci porteranno armonia e benessere ma sofferenza e complicazioni.
Inoltre è uno strumento che ci aiuta a riportare l’attenzione al presente, al qui ed ora, perché sempre più ci accorgiamo di non essere veramente presenti, di non essere veramente consapevoli e questo è pericoloso perché bisogna essere consapevoli delle nostre emozioni e guardarci dentro continuamente…lo sguardo è verso l’interno non verso l’esterno! Infatti proprio per questo uno degli obiettivi principali è una conoscenza più approfondita di se stessi, in modo da poter raggiungere l’autonomia e la completa responsabilità delle proprie scelte, ci aiuta a sentirci sempre protagonista della nostra quotidianità, in modo semplice e naturale.
Gli obiettivi che ci proponiamo attraverso la pratica ed i suoi insegnamenti sono di non dare via il proprio potere, a imparare a credere in se stessi diventando individui autonomi, liberi pensatori in grado di prendersi la responsabilità della propria vita, da vivere pienamente nella bellezza e nella fluidità.
La Rinascita che si vive (o almeno che ho vissuto io) con il Rebirthing, è un risveglio a una percezione nuova di se stessi e della propria vita. Spogliarsi di tutti i condizionamenti, le illusioni, le dipendenze ed i pensieri negativi su se stessi, per finalmente riconoscersi nella propria meravigliosa e potente ESSENZA!
Ma che significa Essenza e perché in questo cammino è di vitale importanza rimanere nella nostra Essenza?
L’Essenza costituisce la nostra vera realtà, è qualcosa che ci accompagna dalla nascita, è la nostra vera natura. L’essenza risponde al nostro Se’ in contrapposizione all’Ego che invece risponde all’Io. La differenza tra queste due facce della nostra personalità è di vitale importanza nella nostra crescita personale e nella ricerca della vera consapevolezza. Possiamo anche dire che nell’Essenza risiede l’intelligenza del cuore mentre nell’Ego l’intelligenza della testa, la famosa disputa tra cuore e testa. L’Ego ha i suoi obiettivi derivanti dalla programmazione esterna. Quindi, è raro che coincidono con gli obiettivi dell’Essenza. Per questo nella ricerca della nostra felicità dobbiamo imparare ad ascoltare solamente la voce dell’Essenza.
Le trappole dell’ego limitano la nostra felicità; questo perché l’essenza del nostro essere vive in un perenne stato di insoddisfazione, quindi ci intorpidisce con le sue continue richieste, con le sue paure e con i suoi stratagemmi; ci induce a una dipendenza insana che ci costringe all’interno della nostra zona di comfort, dove non può succedere nulla di male. Dobbiamo, dunque, essere in grado di non cadere nelle trappole dell’ego, di ascoltare solamente la voce della nostra Essenza.
Quando parliamo di questa dimensione psicologica, spesso ci perdiamo nelle sue definizioni. Sigmund Freud definì l’ego come quell’entità obbligata a trattare quasi quotidianamente con gli impulsi e con gli standard sociali. Questa struttura può anche essere modellata sulla base della ragione e può, attraverso un lavoro su se stessi, trovare una propria stabilità. Ora, se invece ci concentriamo su approcci della filosofia orientale o su quelli definiti dalla dimensione spirituale (come la linea di pensiero definita dallo scrittore e oratore canadese Echart Tolle), la cosa cambia leggermente.
In questo caso, infatti, l’ego è una versione malata dell’autorealizzazione, attratta dal magnete che è l’egoismo. Proprio questa è la forza interiore che bisogna imparare a controllare, educare e reindirizzare.
Qualunque delle due linee di pensiero consideriamo, che sia l’approccio freudiano o quello delineato dalle filosofie orientali, c’è un filo conduttore comune, ed è il bisogno di educare l’ego, di modificare le sue pulsioni e “rompere” quell’armatura poco sana che ci riveste e che ci limita.
La chiave del benessere, quella che favorisce l’autorealizzazione e un autentico sentimento di felicità, risiede dunque nella costante ricerca di equilibrio, la scelta quotidiana tra Ego ed Essenza.
Bisogna farsi i muscoli, bisogna allenare i nostri valori psicologici attraverso l’umiltà, la determinazione e la flessibilità psicologica. È fondamentale, quindi, individuare le trappole dell’ego così tanto ricorrenti in molti di noi. Per fare questo bisogna rimanere nel cuore e non stare sempre nella testa. Siamo chiamati tutta la vita a sviluppare un intelligenza celebrale e razionale ma siamo sicuri che questa ci aiuterà nella via verso il cuore e verso l’Essenza? Sembra chiaro ora che abbiamo riposto tutte le nostre energie verso qualcosa che ci limiterà solamente rendendo sempre più difficile l’uscita dal cervello e rendendo sempre più forte l’Ego e le sue trappole.
Se torniamo al concetto di contrapposizione tra cuore e testa possiamo dire che il conoscere le nostre emozioni e rimanere in contatto con esse ci aiuta a mantenerci nell’Essenza. Ma spesso risulta più facile a dirsi che a farsi. Spesso fin da piccoli siamo educati a reprimere queste emozioni, a non darle peso ed è per questo che c’è bisogno di tornare a conoscerle, una vera e propria alfabetizzazione emotiva.
La promozione della conoscenza delle emozioni partendo dalle aule scolastiche, punta a imparare a essere intelligenti per essere felici. Un’intelligenza concentrata su una prospettiva olistica in cui non è importante solo la dimensione cognitiva, ma in cui c’è bisogno anche di attingere alle dimensioni emotive e comportamentali. Non è importante solo prestare attenzione a cosa proviamo e come dobbiamo sperimentarlo. È importante anche come lo esprimiamo, come dobbiamo processare le informazioni che le emozioni ci trasmettono. E, infine, il modo in cui le gestiamo influisce sul nostro benessere psicologico.
La nostra identità e il nostro universo emotivo sono correlati. Spesso la confusione su ciò che proviamo è in grado di estendersi ad altri aspetti importanti, come la nostra capacità di controllo. A volte, d’altra parte, cerchiamo di recuperare questo stesso controllo influenzando o condizionando gli altri.
Possiamo guardare alle emozioni come a una moneta a due facce: da una parte ci danno energia, dall’altra ci trasmettono molteplici messaggi. Questi due aspetti sono ugualmente importanti e una corretta educazione emotiva ci permette di distinguerli e di metterli al servizio dei nostri interessi.
La tristezza, per esempio, di solito ci invita a riflettere e ci offre uno stimolo che induce a prendersi una pausa. La rabbia, invece, spesso ci comunica che abbiamo subito un’ingiustizia e ci fornisce l’energia necessaria per attivarci affinché ciò non accada di nuovo. In ogni caso, siamo noi a decidere cosa fare del messaggio che ci arriva, che senso dargli. E siamo sempre noi a dover regolare il rilascio di quell’energia.
Siamo noi i responsabili. Il problema è che da bambini non ci viene quasi mai insegnato come validare le emozioni, ovvero cosa farne in concreto, a parte nasconderle o contenerle. Le emozioni che proviamo sono di nostra responsabilità, ma dal momento che dipendono da stimoli esterni, è un fatto che facciamo fatica ad accettare. La tendenza a incolpare gli altri della nostra rabbia, della nostra tristezza o della nostra insoddisfazione è piuttosto comune.
È per questo motivo che il modo in cui la rabbia si trasformerà in tristezza o la paura in gioia definirà il nostro atteggiamento di fronte le sfide quotidiane e i problemi più difficili. In altre parole: definirà noi stessi.
La validazione emotiva consiste nell’accettare e dare per buono ciò che proviamo o ciò che un’altra persona pensa, indipendentemente dal fatto che siamo d’accordo o meno con quell’emozione, senza nessun giudizio su di noi o sugli altri.
Quello che succede quando non validiamo le emozioni è simile a ciò che accade quando non le esprimiamo o, peggio, le reprimiamo. Quasi fossimo delle pentole a pressione, accumuliamo le emozioni non affrontate fino a quando non usciranno attraverso una crepa nel nostro autocontrollo.
Quando gli altri non riconoscono il peso delle nostre emozioni, possono far nascere in noi l’idea di essere inadeguati, di avere dentro qualcosa di oscuro che ci rende fragili, imprevedibili e inaffidabili. Se nutriamo e coltiviamo questa idea, se mettiamo il giudizio degli altri davanti alle nostre emozioni, rischiamo di perdere la nostra identità, dando così campo libero all’Ego e rinforzando le nostre menzogne personali.
Come può dunque il Rebirthing aiutarci in questo cammino?
Con il Rebirthing tra le tante cose impariamo anche ad accettare le nostre ferite, a sciogliere qualche nodo, ad esprimere ed accettare le nostre emozioni. Impariamo ad abbandonare il controllo e la testa per entrare sempre di più nella nostra Essenza, in un mondo dove la colpa non esiste ma esiste solo la responsabilità, restituendoci il potere che meritiamo.
Nel percorso ritroviamo il nostro Se’ bambino, ritorniamo attraverso il respiro a quelle esperienze che ci hanno portato a fare delle scelte su noi stessi, quelle idee negative su noi stessi che chiamiamo ‘Menzogne personali’ e che ci condizionano tutta la vita. Torniamo a darci il potere e a non lasciarlo all’esterno per non essere più in balia degli eventi o delle persone ma imparando a rimanere centrati su noi stessi e sulle nostra Essenza.
Maya Malenotti, Roma